Maieutica e Coaching fanno per noi?
“Io so di non sapere”…
Se fosse una tematica letta ed interpretata da Shakespeare e dai suoi seguaci ci troveremmo di fronte ad un dilemma sulla qualità della vita e sul dubbio esistenziale, ma dal nostro punto di vista questa è la fondamenta su cui ergere le nostre velleità di crescita e di sviluppo.
Da Socrate e Platone abbiamo potuto apprendere l’importanza maieutica nell’insegnamento, nella formazione di una corazza emotiva, che ci permetta di aprirci al mondo, alla conoscenza, al confronto ed alla dialettica in maniera pura, sotto le vesti di un bambino che come una spugna, con curiosità ed interesse, osserva ed ascolta.
Dobbiamo essere consapevoli che un eccesso di analisi, di giudizio, rischia di rendere l’individuo più ignorante invece che più ricco.
Se non accompagnamo le nostre giornate, le nostre interazioni con gli altri, alla giusta dose di umiltà nel leggere il mistero della vita, alla saggezza di chi “sa di non sapere” e di conseguenza indaga per capire e conoscere il mondo circostante, difficilmente saremo in grado di svolgere una parte attiva nello sviluppo delle potenzialità umane e nella crescita delle consapevolezze medesime.
Il coaching sposa queste considerazioni, le lavora tramite l’applicazione e l’ascolto, per trasformarle in consuetudini attuative, tramite quella che potremo definire “un’educazione non tradizionale del coachee” volta all’accrescimento delle sue caratteristiche e qualità intrinseche.
La Maieutica tramite l’ascolto, il silenzio, l’apertura mentale permette di attivare processi di apprendimento e sviluppo in modo sostenibile, esattamente come si fa tramite un’educazione non tradizionale. Pensiamo agli studiosi o agli insegnanti che su di essa hanno basato la propria idea di educazione: Montessori, Rousseau, lo stesso Quintiliano.
E proprio qui possiamo trovare un parallelismo di significato tra l’educazione e la maieutica: Educere vuol dire, nella sua accezione più letterale, estrarre/ tirare fuori, ed anche mai-eutica significa tirare fuori.
Alcuni studiosi ritengono che Socrate fosse stato indirizzato a questo tipo di studio e di propensione dal lavoro della madre, una levatrice, e che di conseguenza avesse dentro di sè, per osmosi formativa, quest’attitudine a voler tirare fuori il meglio da ogni individuo. Secondo una catena pedagogica si potrebbe sostenere che ha completato il percorso materno, contribuendo dopo l’uscita fisica del soggetto, all’uscita caratteriale, potenziale e formativa dello stesso: come un’ostetrica assiste le donne partorienti, così Socrate aiutavi i suoi allievi a liberare il loro intelletto dalle nebbie dell’errore per giungere alla verità, ribaltando le credenze ed i pregiudizi a cui avevano creduto fino ad allora.
E’ importante ricordare uno degli “assiomi” della Maieutica socratica per capire quanto possa incidere sul percorso di Coaching di un soggetto: essa non è semplicemente una metafora filosofica, bensì un approccio metodologico che consente di risalire dalle crisi di autocontrollo in cui talvolta cadiamo, per capire che senza una riflessione sistematica, metodologica, strutturata, aperta sulla crescita e sull’apprendimento dell’individuo, ci esponiamo ed esponiamo il soggetto ad una società vacua, giudicante e consumistica.
Ma come Socrate riteneva di poter addivenire allo sviluppo suo e del proprio allievo? Tramite le domande: la proposta maieutica sta nel fatto che sia la domanda, piuttosto che la risposta a generare processi di apprendimento e sviluppo del potenziale umano.
Quindi in pochi passaggi troviamo alcuni dei cardini di tutto ciò che oggi facciamo confluire nel percorso di Coaching:
- Approccio metodologico
- processo
- Crisi di autocontrollo
- Apprendimento dell’individuo
- Esposizione negativa del soggetto al giudizio
- Forza delle domande
E non sono forse queste le caratteristiche che ci aiutano a migliorarci?
D’altronde è evidente come i filosofi di un tempo ci avessero visto lungo…
“immagini estrapolate dal web”